25 marzo 2020
Dantedì: l’amor che move il sole e le altre stelle
In occasione del primo Dantedì, proveremo a raccontare alcuni piccoli squarci della lunga storia del Castello di Copertino, tratti dai tempi in cui viveva Dante Alighieri: quando la società italiana si formava nei contrasti tra popoli e sovrani, tra signori e contadini; quando la nostra lingua nacque e pose le basi, proprio grazie a Dante, per diventare identitaria per tutta la penisola ben prima dell’unificazione politica; quando il nostro castello nasceva come una piccola fortificazione e cresceva fino a diventare una delle strutture di difesa più importanti del territorio salentino.
Durante la giornata saranno proposte alcune riflessioni sul pensiero di Dante riguardo la società del suo tempo, che forse ci aiuteranno a capire meglio chi erano o come vivevano personaggi come quelli che hanno frequentato il Castello di Copertino nei primi secoli della sua storia.
E poi, per coinvolgere i visitatori della pagina facebook del castello in una rilettura dell’opera del sommo poeta, invitiamo a pubblicare i versi che più amiamo e a raccontare perché.
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“E’ stato affermato che di un castello in Copertino si abbia notizia già dal tempo svevo, e che di esso si vedano tracce nel castello presente”.
Comincia così un saggio sulla storia del Castello di Copertino pubblicato sulla rivista Napoli nobilissima nel 1905 a firma di Gennaro Bacile di Castiglione (1865-1920), ingegnere militare nativo di Spongano (LE), autore di un piano regolatore per Lecce mai attuato e studioso di arte antica. Bacile fu tra i primi a studiare la storia del Castello di Copertino con un approccio moderno e problematico, citando le “leggendarie” tradizioni locali senza darle per scontate e lasciando aperte molte questioni di datazione dei primi secoli della fortezza.
Il primo argomento affrontato da Bacile ci lega cronologicamente al #Dantedì, poiché risale al tempo in cui nacque il sommo poeta. Bacile racconta che secondo una tradizione locale lo stemma scolpito sulla parete della torre recherebbe una scritta dedicata a Carlo I d’Angiò sulla corona che sovrasta le armi di Ladislao d’Angiò Durazzo e Maria d’Enghien (“Carolus I Andegavensis Anno Domini 1267”); da qui sarebbe nata la diceria secondo la quale la torre sia stata costruita in quell’anno, tanto da essere addirittura denominata ancora oggi “mastio angioino”. In realtà della scritta non c’è traccia, e lo stesso Bacile dice di non averla vista (“poiché l’altezza a cui è collocato lo stemma e la piccolezza delle lettere non ne permettevano la lettura”). Potete fare anche voi un confronto.
E allora, se non possiamo dare per certa la fondazione del castello nel 1267, a quando risale? Probabilmente non riusciremo mai a saperlo con certezza, e dovremo accontentarci di ipotesi basate su ricerche sempre più approfondite.
Nella galleria sottostante: una foto dello stemma sulla torre; la stampa riportata nel 1905 da Bacile; un affresco che raffigura l’incoronazione di Carlo I d’Angiò come re di Sicilia (dipinto in una torre del villaggio provenzale di Pernes-les-fontaines).L 29 SETTEMBRE SCORSO
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Dall’epoca della sua fondazione, comunque incerta tra XI e XIII secolo, la contea di Copertino e il suo castello per alcuni secoli sono stati occupati da molti nobili e cavalieri, che spesso si avvicendavano dopo pochi anni e con particolare frequenza. Perché?
Nella Puglia meridionale la fine del mondo tardoantico e l’avvento del medioevo dei normanni, degli svevi e degli angioini si è declinata in modo del tutto particolare, in virtù della persistenza degli usi dell’amministrazione bizantina, che aveva resistito anche in epoca longobarda. Infatti le proprietà terriere salentine rimasero molto frazionate anche dopo l’arrivo dei normanni, che rinunciarono a unificare i territori e ad acquisirli ai propri beni, come era accaduto altrove, lasciando quasi inalterato l’assetto bizantino e ricavando i profitti dalle tasse imposte alle popolazioni. Per questa ragione, probabilmente, in Salento si sono formati tanti piccoli feudi, che il re – da Napoli – assegnava ai nobili e ai cavalieri che gli si erano mostrati più fedeli, e con la stessa facilità spodestava gli stessi signori quando il loro appoggio veniva meno.
La frammentazione medievale del territorio salentino (i cui effetti si leggono ancora oggi), a confronto con quello che succedeva nel resto del meridione, forse rendeva la sua società locale più simile alla civiltà dei comuni del centro-nord Italia che non alle città del sud. Non ci restano molte tracce di come si viveva intorno al Castello di Copertino all’epoca di Dante, ma forse rileggere le sue opere e il suo pensiero non ci poterebbero troppo distante, come la geografia potrebbe suggerire.
Per questo vi raccomandiamo, in questi giorni forzatamente a casa e proprio nel #Dantedì, il lavoro di uno studioso molto noto, il prof. Alessandro Barbero, che studia Dante ormai da molti anni e che prossimamente ne pubblicherà un’attesissima biografia. Il prof. Barbero non è noto solo per le sue apparizioni televisive, ma anche per i numerosi interventi che è possibile ascoltare o vedere online, come sanno bene tutti gli appassionati di medioevo e di storia in generale. Qui vi consigliamo l’ascolto di Dante e la nobiltà, per approfondire il tema del rapporto tra popolo e persone “che contano” alla sua epoca: https://open.spotify.com/episode/6qi5gYUPnTHSxHGX2sGiiL (Dante e la nobiltà, Festival Internazionale della Storia, Bologna 2018)
E poi anche uno dei video, dedicato ancora a Dante, presente su youtube: https://youtu.be/l83UQkd6Wgs (Dante fra guelfi e ghibellini, Festival Lezioni di Storia, Napoli 2020)