Dantedì ad Egnazia
Un suggestivo legame tra l’antica Egnazia e la Divina Commedia è rappresentato dal poeta latino Publio Virgilio Marone, che qui soggiornò nel 37 a. C. durante un memorabile viaggio da Roma a Brindisi compiuto al seguito di Mecenate, descritto di tappa in tappa dal poeta Orazio in una delle sue Satire, con una descrizione di Egnazia e degli egnatini.
La fama di Virgilio nel Medioevo fu grandissima, diventando maestro di stile e di poesia e modello di sapienza filosofica, addirittura profeta inconsapevole delle verità cristiane. Ebbe profondissima influenza sulla letteratura e sugli autori occidentali, in particolare su Dante Alighieri e la Divina Commedia, nella quale Virgilio è eletto a sua da guida nell’Inferno e nel Purgatorio .
Nella Commedia Virgilio compare nel Canto I dell’Inferno, quando soccorre Dante dalle fiere nella selva oscura e da lì lo conduce nel viaggio attraverso l’Inferno e lungo le sette cornici del Purgatorio. “Tu se’ lo mio maestro” (Inf. I, 85) dice Dante, maestro del modello di bello scrivere, ma anche di vita morale, pur non avendo avuto la rivelazione della fede.
Le immagini seguenti sono tratte da incisioni di Paul Gustave Louis Cristophe Doré, pittore e incisore francese dell’Ottocento, illustratore di straordinario valore, noto soprattutto per le sue illustrazioni della Divina Commedia di Dante, realizzate con gusto romantico, visione epica e drammatica.
Altro elemento di contatto tra i reperti del Museo di Egnazia e la Divina Commedia è Medusa, una delle tre Gorgoni della mitologia classica, la più pericolosa perché in grado di pietrificare chiunque la guardi in volto. Dante la colloca fra i demoni a guardia della città di Dite (Inf., IX, 52 ss.)
Tra i soggetti rappresentati negli affreschi che decorano le tombe a camera monumentali di Egnazia vi è la raffigurazione di Medusa su uno scudo che vedete qui. Di seguito i versi di Dante…
«Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto»,
dicevan tutte riguardando in giuso;
«mal non vengiammo in Teseo l’assalto».
«Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso;
ché‚ se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi,
nulla sarebbe di tornar mai suso».
Così disse ’l maestro; ed elli stessi
mi volse, e non si tenne a le mie mani,
che con le sue ancor non mi chiudessi.
Dante Alighieri (Inf., IX, 52 ss.)
«Venga qui Medusa, così lo trasformeremo in pietra!», dicevano tutte guardando in basso; «facemmo male a non vendicare l’assalto di Teseo!»
«Voltati indietro e tieni gli occhi chiusi: infatti, se la Gorgone si mostrasse e tu la vedessi, non avresti alcuna speranza di tornare sulla Terra».
Così disse il maestro; ed egli stesso mi fece voltare, e non si accontentò che io mi mettessi le mani sugli occhi, ma aggiunse anche le sue.
E’ davvero una grande emozione pensare che proprio su questa strada, su queste chianche, abbia camminato anche Virgilio, il principe dei poeti, che Dante definisce “de li altri poeti onore e lume… lo mio maestro e ‘l mio autore”. Era la primavera del 37 a. C. e il poeta latino viaggiava insieme ad Orazio ed altri artisti e poeti, al seguito di Mecenate, per allietarlo durante la sua missione diplomatica da Roma a Brindisi. E’ Orazio che ci racconta questo piacevole viaggio e ci parla anche di Egnazia (ultima tappa prima di Brindisi) nella V Satira.
dein Gnatia Lymphis iratis exstructa,
dedit risusque iocosque,
dum flamma sine tura liquescere
limine sacro persuadere cupit.
Credat Iudaeus Apella,
non ego; namque deos didici securum agere aevom
nec, siquid miri faciat natura, deos id
tristis ex alto caeli demittere tecto.
Poi Egnazia, eretta contro il volere delle ninfe,
ci offrí motivo di risa e di scherni,
perché volevano qui farci credere
che l’incenso sulla soglia del tempio
si consumava senza fiamma.
Può pensarlo il giudeo Apella,
io no: gli dei, cosí ho sentito dire,
passano il loro tempo indifferenti
e, se qualche prodigio si verifica in natura,
non è certo l’ira divina
a precipitarcelo dall’alto dei cieli.