DANTEDÌ al Castello svevo di Trani
“Se tu mi puoi far lieto, rivelando a la mia buona Costanza come m’hai visto, e anco esto divieto”.
Quanta umanità traspare nelle parole che Re Manfredi rivolge a Dante durante l’incontro descritto nel III canto del Purgatorio, ricordando con amore la sua bella e buona figlia Costanza, a cui va il pensiero all’inizio e a conclusione del suo intervento!
Manfredi, che ha spostato in seconde nozze Elena Comneno vivendo con lei al Castello di Trani, si presenta prediligendo la via matriarcale: il nipote di Costanza imperatrice. Con le sue parole sembra inanellare con un sottile file rouge, i nobili sentimenti di rispetto e devozione filiale e genitoriale che contribuiscono alla creazione della sua immagine. Questi sentimenti di grandezza e dignità, più volte e in più opere, vengono sottolineati da Dante nel descrivere quasi tutti i componenti della dinastia degli Hohenstaufen: uomini e donne, che pur peccatori, rifulgono della bellezza idealizzata derivante dalla loro nobiltà di spirito oltre che quella di censo.
Una lezione attualissima questa, su cui vi invitiamo a riflettere anche attraverso la visione di questo breve filmato preparato per celebrare il Dantedì…
…fantasticando che la bella e buona Costanza fosse riuscita anche a portare parole di consolazione per i suoi fratellastri che, con la morte in battaglia di Manfredi, vennero traditi dal castellano di Trani, convinto da una delegazione di “certi frati” a “fari prisune la reina cu’li soi figli” e a “serrao la povera Alena cu’li soi figli et alzao lo ponte de lu castello…” sino a quando “A lu dì sei de lo dicto mise (n.d.r. febbraio) , multa genti d’arme a cavallu de lu re Carlu che andava in cerca de la Reina, et la pigliaro cu li soi quattro figli et tutto lu tesoru che avia, et de nocte se li portarono ne si sappe dove” [trascrizione di una perduta cronaca di Anonimo tranese – Vincenzo Manfredi, inizi XVIII].